giovedì 21 novembre 2013

Non bastavano le auto ad ammazzarci?

Io sinceramente comincio a rompermi i coglioni. 
Lo so si poteva dire in modo meno brutale, ma mi sono anche rotto i coglioni di essere corretto in una guerra, perché di questo si tratta, che di corretto non ha nulla. Parlo della guerra contro i ciclisti che molti media portano avanti dal giorno in cui abbiamo deciso di alzare la testa per rivendicare il nostro spazio, per pretendere di non venire ammazzati per strada. Richieste legittime e di buon senso, ma che vengono bollate come pretenziose e immorali.
Dopo l’allarme lanciato ieri da Repubblica motori per la crescita incontrollata degli incidenti causati dai ciclisti (ben lo 0,6%!!!), oggi è il turno de La Stampa che, cogliendo al balzo una dichiarazione di Boris Johnson, sindaco di Londra notoriamente pro ciclisti, e quindi super partes, in cui afferma che vieterebbe l’uso di auricolari in bici perché mettono a rischio i ciclisti, isolandoli dal traffico, ha dedicato una mezza pagina, con tanto di infografica sulla mortalità in bici, al grandissimo problema dei ciclisti indisciplinati. 
Non bisogna essere sottili esegeti per capire il messaggio: i ciclisti ascoltano la musica - i ciclisti muoiono - è colpa loro.
Chiaramente nessun giornalista si è preso la briga di fare il suo mestiere e di indagare quanti dei ciclisti morti in Italia avessero le cuffie. Avrebbe scoperto che probabilmente non è mai accaduto. Tra l’altro stesso discorso varrebbe anche per chi in auto, già isola dal contorno, ascolta la radio, ma il problema non li ha sfiorati.
L’unica cosa vera di questo meschino messaggio, neanche troppo sottile, è che i ciclisti muoiono (non che i giornali si sprechino a parlarne quando accade). I ciclisti muoiono e muoiono ammazzati, ma stranamente nessuno parla mai di chi ne è la causa. Forse perché i produttori di quelle auto che sono nella quasi totalità dei casi le responsabili -per mancato rispetto degli attraversamenti pedonali, per l’eccessiva velocità, per un parcheggio in doppia fila, per distrazione- sono i principali inserzionisti dei giornali stessi. Ancora più vero nel caso de La Stampa, giornale di casa Fiat, unica testata in Italia a non aver parlato della campagna #salvaiciclisti alla sua nascita, e che da anni ospita una rubrica che da voce ai lettori, Specchio dei Tempi, che pubblica quotidianamente interventi contro i ciclisti e solo quelli: potete scriverne quanto volete a favore, non vi leggerete mai.

Il quadro che ne emerge è che tutti odiano i ciclisti, che sono la causa di tutti i mali. Questa non è informazione, è pubblicità e anche ingannevole.
E alla fine le colonne si riempiono di inutili opinionisti che, cavalcando l’onda dello scontento che loro stessi hanno inventato, lamentano l’arroganza dei ciclisti, la nascita di una lobby delle due ruote.

Cosa fareste voi se un vostro sacrosanto diritto, quello di tornare a casa vivi e vegeti la sera, fosse non solo ignorato ma addirittura osteggiato e si cercasse per giunta in ogni modo di affibbiarvi la colpa di essere presi sotto?

C’è di che incazzarsi e tanto Ma noi continueremo a combattere, civilmente come abbiamo fatto sempre, perchè questa, come tante, è una battaglia di civiltà, una battaglia sui diritti e non sarà certo l’ostruzionismo di qualche “giornalista” a fermarla.
Potete contarci.

mercoledì 20 novembre 2013

Se il mare si popola di pesci, state sicuri che arrivano gli squali

I ciclisti stanno aumentando vertiginosamente, questo è certo. 
Nessuno si è dato la pena di contarli, ma il semplice fatto che sempre più soggetti si stiano dando da fare per sfruttarli ne è la conferma. L’ultimo in ordine di tempo sono le assicurazioni, che non vedendo l’ora di mettere le mani su un bel gruppo di potenziali clienti, fanno lanciare all'Associazione nazionale esperti infortunistica stradale l’allarme sull'aumento degli incidenti causati dalle bici. I numeri sono ridicoli ma qualcuno, come la rubrica motori di Repubblica (quella per capirci dove si pubblicizzano auto spacciandola per informazione), abbocca. E’ così parte uno sproloquio di parole, e di scuse, per dire che aumentando i ciclisti aumentano gli incidenti (finissimo giornalismo) e che addirittura a Milano sono lo 0,6% (15 su 819, che poi farebbe l’1,2% ma vabbeh). Capite l’emergenza? Il 5-6% dei mezzi provoca lo 0,6% degli incidenti. Mentre le auto, che sono il 70% ne provocano il restante 99. Ora se foste veramente preoccupati della sicurezza da dove partireste? Dal grosso? No, le assicurazioni sono pignole e vogliono prima occuparsi dei decimali. Perfezionisti!
Chiaramente l’articolo ha riacceso la mai sopita polemica dei detrattori delle due ruote che si lamentano del comportamento dei ciclisti, senza aver mai, chiaramente, messo il culo su un sellino. Qualcuno, probabilmente, scendendo dall'auto parcheggiata sul marciapiede, ha incontrato un ciclista e per paura che gli potesse rigare la preziosa carrozzeria, si è profondamente indignato per cotanta arroganza.
Sia chiaro, tutti devono rispettarsi reciprocamente e rispettare delle regole di sicurezza e convivenza (più che un CdS vecchio e iniquo) ma se proprio vogliamo affrontare il problema sicurezza non sarebbe meglio concentrarsi sul grosso della questione, su chi fa più danni (e più morti) e affrontare in seguito le questioni marginali?
Un consiglio per i giornali: la pagina motori vi da da mangiare ma è prossima all'estinzione, provate a chiamarla mobilità e guardate un po’ al presente, potrebbe essere che riusciate a restare al passo coi tempi.